L'estetica musicale è una disciplina non prevista nell'elenco dei corsi complementari delle scuole di musica, in cui troviamo solo la storia della musica per la parte "letteraria" dell'educazione musicale. E' una giusta carenza? Quale potrebbe essere il vantaggio per la conoscenza musicale aumentare le materie introducendo l'estetica?
Se partiamo dall'idea che la filosofia in generale - e l'estetica nel senso stretto è una disciplina filosofica - si costituisce dalla riflessione sulle ragioni delle idee, delle azioni e della bellezza chiarendone le presupposizioni e valutando anche la verità e la moralità, l'estetica musicale nello specifico è il ragionare sulla musica come arte e sul bello in tale campo, un ragionare che tutti noi mettiamo in pratica; se si intende la riflessione filosofica in un modo più rigoroso e sistematico, considerando anche tutta la storia del pensiero sulla musica da Platone ad Adorno, forse solo alcuni di noi si ritroverebbero sul cammino dell'estetica.
All'interno delle facoltà di Lettere e Filosofia sono state istituite le cattedre di estetica musicale, ma le loro attività sono remote dalla produzione e dall'insegnamento della musica perché contemplano i fenomeni musicali dal punto di vista passivo dell'ascoltatore, antico dilemma della teoria musicale. Perciò le sedi più adeguate per l'insegnamento dell'estetica nel diretto rapporto con la pratica sarebbero i conservatori e le scuole di musica, luoghi nei quali al contrario non troviamo alcun insegnamento di estetica o solo quell'estetica ridotta ad un preludio o appendice della storia della musica. Il corso superiore di Storia della Musica comprende una serie di materie musicologiche come l'analisi, la critica musicale, la paleografia, la ricerca bibliografica e la critica testuale delle partiture senza alcun accenno all'estetica filosofica, anche se il concetto tedesco della systematischen Musikwissenschaft come unica disciplina scientifica sulla musica comprende l'estetica musicale come una delle tante sottodiscipline, inserita nell'ordinamento delle Musikhochschulen (i conservatori tedeschi sono stati trasformati in università dopo le riforme degli anni '70).
Oppure la storia della musica include già l'estetica? L'esame di conservatorio si intitolerebbe "Storia della musica ed estetica musicale" proprio perché la storia in senso lato contiene anche l'estetica? Nel 1930 il regio decreto, inserendo materie complementari "tecniche e letterarie" nell'ordinamento scolastico, si basava forse proprio sull'idea hegeliana della storia come sviluppo razionale e filosofico delle cose e delle azioni, nello specifico costruendo un'evoluzione dialettica delle arti, idea diffusa in Italia in quegli anni dal pensiero di Benedetto Croce. Ma definendo oggi la storia come ricerca scientifica, e poi la storia della musica come studio degli stili musicali nelle varie epoche, la storiografia non può più essere intesa, giustamente, come una specie di filosofia, ma solo come un sapere autonomo. Allora la storia della musica non racchiude essenzialmente l'estetica, anche se per stabilire alcune caratteristiche storiche degli stili musicali può fare riferimento al pensiero filosofico sulla musica, e ovviamente l'estetica stessa ha una sua storia, il pensiero sulla musica si è sviluppato da Platone ad oggi, e per recepire l'estetica musicale questa storia è fondamentale come per tutta la filosofia.
Comunque, la conoscenza approfondita dell'estetica è di beneficio per l'esecutore e lo studente di uno strumento? E' la questione della conoscenza in generale: serve all'artista la conoscenza filosofica e astratta di quello che sta compiendo? Lo aiuta a chiedersi che cos'è la musica? Che cosa significa esprimersi attraverso un brano? Tali questioni non sono architettate dai filosofi, ma sorgono naturalmente quando l'esecutore si meraviglia su alcuni concetti che sembrano essere chiarissimi e con l'avanzare ad un certo punto diventano dubbi. La nostra immagine del pianista geniale che non ha bisogno di sapere perché suona come un "diavolo", immagine che deriva la genialità dall'illuminazione spirituale, allora da una forma occulta di conoscenza, si contrappone a quella dell'esecutore razionale che riflette esplicitamente p.e., come nel caso di John Cage, sulle condizioni storiche, sociali ed umane del pubblico, e si esibisce senza toccare i tasti del pianoforte in contraddizione alle attese dell'auditorium, creando in questo modo un anti-artefatto. Già queste osservazioni dimostrano che l'artista consapevole si muove anche nel campo della filosofia della musica, perché se qualcuno riflette sulle condizioni generali del suo operare, trascende la sua attività e in questo caso la conoscenza storica della musica. L'estetica diventa una condizione umana ed una necessità dalla quale non si può tornare indietro, e così l'artista perde la sua immaginata ingenuità nell'agire.
Qui qualcuno potrebbe ribadire, "Non voglio sapere filosoficamente che cosa sto facendo, ma vorrei solo produrre musica che esprime quello che dovrebbe comunicare e capire tutto ciò musicalmente." In ogni caso anche questa negazione del pensare esteticamente riguardo alla musica e alla sua produzione contiene una riflessione, e se qualcuno si chiedesse poi, "Perché non vuoi saperne di più di ciò che stai facendo?", ogni risposta si trasformerebbe in una riflessione filosofica. L'estetica si presenta inevitabile e fondamentale per ogni autocomprensione analizzata filosoficamente. Anche un ultimo grido: "Perché pensare allora? Bisognerebbe essere naïf!" diventa un imperativo estetico di riflessione e di un'ingenuità come contraddizione in adiecto.
La musica trascende il linguaggio razionale ed è parzialmente ineffabile. Però tale fatto non esclude la riflessione: forse l'unico atteggiamento, a questo punto attuabile, potrebbe essere quello buddista del pensare di non pensare, ma comunque dopo una meditazione guidata dalla ragione sull'inesprimibilità della musica in concetti. Così musica può essere anche, in armonia con una riflessione estetica, il luogo dove si sospende il pensare ...
Infine possiamo concludere che il musicista riflette in ogni caso sulla sua attività non solo in chiave musicale e storica, ma anche filosofica ed entra così nel campo della filosofia della musica. Ogni musicista che vuole estendere la sua conoscenza generale della musica ed autocomprensione, non può negare l'importanza della filosofia per le sue riflessioni. E' qui che inizierebbe l'estetica musicale pratica ed utile.
Pubblicato nella rivista Continuum della Scuola di Musica Giuseppe Bonamici, Pisa, 2003, Anno 0, No. 4, p. 4.